lunedì 19 gennaio 2009

Approfondiamo gli atti coscienti

Come possiamo realizzare un atto cosciente?

Semplicemente applicando noi stessi in ciò che facciamo.
Ci si accorgerà che tutto questo consiste in una incessante attività rivolta ad esaminare tutto ciò che stiamo facendo.

Ogni scelta, ogni attività, ogni movimento, ogni pensiero diventa oggettivato da questa osservazione.
Non solo dovremo osservare come ci comportiamo, ma come siamo. Dovrà essere una sincera osservazione di noi stessi, senza critiche, senza emozioni, senza lodarci o biasimarci, senza amare o non amare, senza lasciarci influenzare da ciò che ci circonda, in modo da poter applicare il nostro spirito a ciò che facciamo e sentirci completamente presi da ed in questo risveglio.

Se non ci rendiamo conto di ciò che facciamo non realizziamo un atto cosciente.

Non dobbiamo fabbricare degli atti coscienti, ma dobbiamo ricondurre gli atti abituali della nostra vita alla nostra attività cosciente.

La semplicità degli atti da eseguire potrebbe apparire puerile.
Come affermato, è forse questo che rende scettiche molte persone che si avvicinano al metodo. La perfetta semplicità e puerilità di certi esercizi, induce le persone e ritenere impossibile che l’esecuzione di atti così semplici possano far scomparire sintomi gravi quali nervosità, ansia e angoscia.
La realtà è invece che questa semplice tecnica porta a un così pregevole risultato.
Vediamo le caratteristiche dell’atto cosciente:
  • L’atto controllato deve essere cosciente ossia il paziente deve essere assolutamente presente a ciò che sta facendo, senza distrazioni•
  • Durante l’atto il suo cervello deve essere totalmente ricettivo: il cervello deve sentire l’atto e non pensarlo

Occorre ricordare sempre l'affermazione del Dotto Vittoz: "la ricettività è tutto".

Il paziente deve prendere l’abitudine di veder bene ciò che guarda, di sentir bene ciò che ascolta e di capir bene ciò che sta facendo.
Attraverso la coscienza degli atti impara a vivere nel presente, perde la cattiva abitudine di vivere nel rimpianto del passato o nel timore dell’avvenire.

Aver coscienza di un atto, non è pensarlo, ma sentirlo.

Sbarazzandosi dell’idea che si interpone nella sensazione esatta delle cose. La maggior parte delle persone, pur senza rendersene conto, eseguono l’atto in modo automatico e quindi non lo sentono.
Ne consegue che vedono a metà, odono a metà e toccano a metà.
La vita e le azioni che ne fanno parte, vengono vissute in maniera automatica.

E’ necessario che si arrivi a sentire senza pensare.

Non importa da quale parte arrivi la sensazione, vista, udito, tatto, gusto, … la regola è sempre la stessa indicata.
L’obiettivo è quello di un atto cosciente che dura anche solo un secondo, ma in quel secondo il nostro cervello sta in completo riposo, in assenza di pensiero. Questo realizza il primo passo, un primo controllo, quello della sensazione dell’atto.

Si potrebbe obiettare che ciò è ben poca cosa, ma quanti benefici effetti ne discendono.La cosa importante è capire bene cosa è un atto cosciente.

Si sente spesso dire trionfalmente: “L’atto cosciente … certamente …. L’ho svolto spesso come mi avete indicato! … Ad esempio quando chiudo la porta, io dico dentro di me ‘ Io chiudo la porta ’ …. E così via….”.
Tutto sbagliato.
Non è necessario, anzi è essenziale non dire nulla.
Bisogna sentire l’atto compiuto, sentirlo col tatto, con la vista, con l’udito, con quella sensazione interna che è il senso muscolare.
Bisogna arrivare, come dire … a bagnarsi di sensazioni, ad esservi penetrati come l’aria entra nei nostri polmoni. E quest’azione ripetuta costantemente anche per pochi secondi porterà dei benefici inimmaginabili. L’importante è eseguire un vero atto cosciente. Poco a poco il paziente modificherà il suo atteggiamento mentale con un lavorio costante e insensibile e poco a poco le idee anormali, le ossessioni, si dissiperanno come neve al sole. Gli scrupoli non attecchiranno più in un cervello concentrato sulla vita reale.

Non ci si può stancare nel ripetere che è sorprendente come una cosa così semplice possa produrre dei risultati così stupefacenti. Ma è facile rendersi conto che la realtà del momento è raramente dolorosa, a parte i momenti di dolore fisico o morale intenso. Se si è assorbiti da una percezione che proviene dall’esterno e non concentrata su se stessi, non si soffre, ci si rilassa.
Cosa può esserci di spiacevole nel guardare una nuvola che passa, ascoltare un rumore, toccare un oggetto?
Eppure noi riusciamo a trovare il mezzo per inserire anche in queste semplici azioni della sofferenza con le nostre idee, le nostre azioni, le nostre emozioni che rendono penoso quel bel cielo blu che deve solo esser guardato.

E’ il passato e il futuro nel quale noi viviamo di più e il presente scorre vicino a noi, presente al quale non accordiamo che un attenzione distratta.

Quanto alla esecuzione degli atti coscienti da parte del paziente , dobbiamo fare alcune osservazioni.
Se i pazienti vengono lasciati a se stessi, potrebbero incorrere in esperienze che li scoraggiano:

  • Alcuni cercheranno ostinatamente la sensazione al punto di immaginarla anziché attenderla e accettarla
  • Altri intellettualizzano la loro quiete accompagnando i loro atti con delle remissività tipo “Ecco, mi siedo, mi alzo, cammino, quardo il cielo” … emissività in luogo della ricettività
  • Altri ancora si sdoppiano nella loro funesta abitudine di percepire una sensazione, ma abbandonandosi contemporaneamente a pensare ad altro

Come ho detto non è necessario che il praticien segua costantemente il soggetto/paziente.
Anzi, diventa negativa la sua presenza oltre il necessario, ossia avergli insegnato come fare gli esercizi, verificandone la corretta esecuzione con le vibrazioni cerebrali.
La cosa migliore è che tale verifica avvenga saltuariamente.

E’ consigliabile inoltre che all’inizio al paziente vengano affidati degli atti coscienti molto semplici ed elementari:

  • Posare gli occhi su un oggetto per ben vedere
  • Ascoltare il rumore di un’auto che passa per ben ascoltare
  • Toccare degli oggetti

Successivamente si potrà passare ad atti più complessi come:

  • Alzare la mano sinistra per vedere l’ora sul proprio orologio da polso e ascoltarne il ticchettio: si stimola così l’attenzione al movimento, alla vista e all’udito
  • Aprire una finestra: si stimola e attira l’attenzione al movimento di aprire la finestra, sentire la resistenza che oppongono le ante all’apertura, scostare le tende, sentire il soffio d’aria che ci giunge sul volto, godere della vista che ci si presenta affacciandosi alla finestra, ecc.
  • Passeggiare per la strada: ci viene fornita la sensazione di sincronizzazione dei nostri passi, del movimento del nostro piede, della flessione della caviglia del ginocchio, la sensazione dei nostri muscoli che partecipano all’azione del camminare, la presa di coscienza del nostro piede che si appoggia su un selciato liscio e regolare oppure irregolare, l’ascolto dei rumori delle auto che passano sulla strada vicino a noi, della gente che incrociamo, delle vetrine davanti alle quali passiamo davanti; vengono stimolati quasi tutti i nostri sensi, e tali sensazioni devono penetrarci e dobbiamo cercare di assorbirle, sentirle.

Non è importante che sempre e comunque tutti i sensi siano coinvolti; l’importante è che tutti siano predisposti a ricevere e accettare le sensazioni.
Essenziale è poi la ripetizione quotidiana ed il più frequente possibile, degli atti coscienti.

A questo proposito è importante non dimenticarsi e soprattutto ritenersi scusati “perché non si è avuto tempo o abbastanza tempo per eseguirli”.
Questo è assolutamente intollerabile.
L’atto cosciente non richiede un tempo supplementare perché lo si può eseguire ed applicare a qualsiasi atto della nostra vita quotidiana.
L’essenziale, come d’altronde lo è tutto il metodo, è il volerlo, ricordarsi di farlo, prender l’abitudine ad eseguirlo il più frequentemente possibile fino a che non diventi parte di noi e della nostra quotidianità.

Occorre ricordarsi sempre che senza il nostro impegno e il nostro lavoro non potremmo ottenere nulla.

Ecco ancora alcuni esempi col modo di procedere:

  • Vista: deve lasciarsi penetrare dalle vibrazioni che provengono dall’oggetto che guarda; si deve avere l’impressione di assorbire l’oggetto che si guarda. Non deve essere una ricerca di dettagli
  • Udito: le stesse osservazioni che per la vista: occorre lasciarsi penetrare dal suono che si ascolta, senza un’attenzione forzata all’ascolto
  • Tatto: la prima sensazione ricevuta sarà quella più cosciente: l’oggetto sarà freddo o caldo, duro o molle, ecc
  • Controllo dei movimenti: ogni movimento deve essere percepito nella sua interezza non eseguito in modo automatico
  • Il camminare: l’impressione deve essere di leggerezza e sicurezza. Si deve partire con la percezione di posare il piede al suolo, di eseguire il movimento con la gamba e quindi col corpo intero, adattando e facendo partecipare attivamente la respirazione, la vista e l’udito


A parte debbono essere considerati gli atti volontari che debbono essere svolti come dice la parola stessa, volontariamente ossia è il paziente che decide di farli: si alza o va a letto perché ha deciso volontariamente di alzarsi o di andare a letto.

Rpeto ancora una volta che tutto questo potrebbe sembrare troppo semplice e puerile, non dobbiamo stancarci di notarlo e ripeterlo enello stesso tempo di saperlo accettare serenamente.

In realtà il soggetto/paziente riacquista il potere su se stesso, si sente più calmo ponderato e il suo cervello impegnato in qualcosa di ben definito si angoscia sempre di meno.
Riacquista fiducia in se stesso e prende l’abitudine a controllarsi.

Riassumendo un movimento controllato provoca:

  • piena coscienza dell’atto
  • piena consapevolezza che l’idea corrisponde all’atto
  • la sensazione che l’atto è voluto
  • e questo permette al paziente di vivere nel presente e di porre il suo cervello in uno stato di unità e riposo.

Le sensazioni che si provarono sono quelle che sono, senza essere deformate dalle idee: il paziente aumenta la sua ricettività.

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